Essere genitori di adolescenti...essere genitori adolescenti - Terza serata del Ciclo 'Genitori si nasce o si diventa?'
Illustrazione di P. Dullaghan
Il 2 Dicembre si è concluso il ciclo di seminari sulle funzioni dei genitori nelle varie età e nei difficili passi che lo sviluppo di un figlio attraversa.
L’argomento dell’ultimo seminario riguarda quella che spesso, appare anche oggi, una “mission impossible”: essere genitori di figli che si trovano in uno dei momenti più critici della loro crescita, l’adolescenza.
Per lungo tempo, direi fino agli anni ’70 del secolo scorso, si riteneva che non fosse possibile fare una psicoterapia agli adolescenti, per loro natura soggetti instabili, difficilmente inquadrabili nella patologia tradizionale. Da allora però, si sono moltiplicati gli studi e le esperienze sul lavoro con gli individui di questa età che anzi, oggi, sembra quasi al centro della ribalta sia degli psicoanalisti che della società intera.
Il passaggio all’età adulta è stato visto come estremamente importante in tutte le epoche e i contesti più vari tanto da essere sancito in passato, ma ancora oggi presso diverse tribù rimaste ad uno stato primigenio, da un rito di passaggio che quasi ovunque sottolineava soprattutto i due aspetti ritenuti fondamentali per il raggiungimento dell’età “adulta”: il superamento dell’infanzia e l’iniziazione sessuale.
L'importanza del rituale - pubblico, simbolico e condiviso – è sempre stata legata al fatto che l'abbandono della condizione infantile durante l'adolescenza è stata identificata come un momento cruciale nella costruzione dell'identità e quindi si è ritenuto quanto mai necessario che la comunità “da un lato stabilisse in modo chiaro il confine tra il mondo dei giovani e quello degli adulti, e che dall'altro ne <proteggesse> il passaggio, collocando segnali, punti di riferimento ben visibili».
Ovviamente il rito rappresentava un momento di riconoscimento pubblico con una sua utilità anche per i giovani che lo affrontavano aiutandoli a collocarsi in una “identità” almeno da un punto di vista temporale. Sappiamo però quanto sia più complesso il cammino perché il passaggio possa ritenersi effettivo e compiuto.
Evelyne Kestemberg, prima donna non medico ad essere accettata dalla Società psicoanalitica di Parigi (intorno agli anni 60) sosteneva che tutto si prepara nell’infanzia, ma tutto si gioca in adolescenza. E a lungo due sono stati gli orientamenti che hanno interpretato in modo opposto questa posizione: da un lato chi vedeva la crescita dell’individuo in una continua progressione e quindi l’adolescenza come una ricapitolazione dell’infanzia e dall’altro invece coloro che segnalavano l’emergere in adolescenza di processi trasformativi nuovi che determinano nuovi percorsi.
In realtà la situazione appare ad oggi molto più complessa, come scrive Nicolò “l’adolescenza non è solo una fase temporale di transizione (come il titolo di un famoso libro di Peter Blos), ma è piuttosto un processo organizzativo, un enzima che attiva la mente verso la trasformazione propria dell’età adulta. Anche gli studi neuro psicoanalitici supportano questa idea mostrando il potente rimodellamento del cervello, della corteccia, delle connessioni sinaptiche che avviene nel corso dell’adolescenza.” [1]
Tre sono in sostanza gli aspetti nuovi che l’adolescente deve fronteggiare e che comportano trasformazioni esterne ma anche interiori. Il ragazzo, la ragazza:
- acquista una massa corporea che modifica i rapporti di forza con i genitori e il mondo adulto in generale (non è più un bambino che possa essere fisicamente costretto a ubbidire, con le buone o con le cattive);
- diviene sessuato/a come un adulto ed è in grado di generare a sua volta dei figli, come abbiamo potuto ascoltare nella seconda parte della serata iniziando a riflettere su alcune conseguenze;
- sviluppa una capacità di pensiero ormai matura se non altro nelle potenzialità cognitive.
“Queste trasformazioni da un lato lo portano ad allontanarsi dalla dipendenza infantile e ad accedere ad un potere adulto, ma contemporaneamente lo destabilizzano rendendolo spesso confuso, instabile nell’umore, a volte incapace di concentrarsi. In una parola lo mettono in una fisiologica crisi d’identità, che può avere come esito il conseguimento di un’identità matura, ma anche fenomeni regressivi più o meno preoccupanti.” [2]
Winnicot sembra appartenere al primo dei due gruppi nominati in precedenza, quando sottolinea che “in pubertà appaiono gli stessi problemi che erano presenti negli stadi precoci allorché questi stessi ragazzi erano bambini piccoli… ed è di grande valore paragonare le idee dell’adolescenza con quelle dell’infanzia.” [3] Ma egli mette in rilievo come quella che nell’infanzia è una fantasia, in adolescenza pur restando una fantasia, ma inconscia, assume un senso molto concreto. “Crescere significa prendere il posto dei genitori. Lo significa veramente. Nella fantasia inconscia crescere è implicitamente un atto aggressivo. Ed il bambino non è più ora di proporzioni infantili” [4]. Questo mette l’adolescente, ma anche i suoi genitori di fronte al problema dell’aggressività e della ribellione.
Questo è l’aspetto che preoccupa maggiormente gli uni e gli altri ma, lo mette bene in rilievo Winnicot, è il più vitale, “sullo sfondo vi è una lotta per la vita e per la morte. La situazione manca della sua completa ricchezza se si evita troppo facilmente e con troppo successo lo scontro delle armi” [5].
Torna in mente il bellissimo film L’attimo fuggente nel quale un padre assolutamente intollerante verso l’aspetto nuovo e autonomo del figlio finisce per spingere un figlio, che non riesce ad accettare la lotta, al suicidio della sua parte vera e vitale. La scena commovente del lago ghiacciato nel paesaggio invernale evoca il congelamento che è la morte di ogni vita emotiva.
“…l’adolescente che vince troppo presto è preso nella sua propria trappola, deve diventare dittatore e deve stare lì ad aspettare di essere ucciso.” [6] Sono sempre parole di Winnicot che valorizza l’aspetto tipico e proprio dell’adolescenza “l’immaturità” parte preziosa, elemento essenziale della sanità di un adolescente che prevede e richiede un solo tipo di cura “il trascorrere del tempo” ma contiene in realtà le più “eccitanti caratteristiche del pensiero creativo, un nuovo e fresco sentire, idee per un vivere nuovo”.
Martha Harris, in uno dei seminari novaresi che teneva insieme a Meltzer elenca in modo più tecnico gli aspetti che l’adolescente deve fronteggiare e superare; ne ho elencati alcuni perché mi sono sembrati una adeguata introduzione alla relazione della serata.
Essa sottolinea:
- la delusione dell’adolescente nei confronti della fantasia, tipica del bambino, che la conoscenza sia qualcosa di concreto che egli sarà in grado di raggiungere, di possedere quando sarà cresciuto.
- Il venir meno della fiducia infantile nella onniscienza e nell’onnipotenza attribuite ai genitori e agli adulti in genere.
- Il compito di entrare in contatto con le esperienze interiorizzate nel passato.
- Il riuscire ad affrontare l’enorme confusione nei sentimenti riguardo a se stesso e alle persone significative della sua vita;
- Il riuscire a distinguere tra ciò che è buono e ciò che è cattivo e saperne di più e/o imparare a scegliere circa i sentimenti che prova riguardo a queste due categorie.
- Il districare l’incertezza e la confusione relative alla consapevolezza di cosa accade e appartiene al suo mondo interno o in quello esterno.
- L’affrontare la confusione sulla propria identità, sia maschio che femmina, e su quali siano le caratteristiche sia maschili che femminili.
- L’affrontare la confusione fra ciò che è adulto e ciò che è infantile.
- Affrontare la confusione fra le differenti zone e parti del corpo e le loro funzioni.
- Affrontare la necessità di tollerare la sofferenza degli stati depressivi che derivano dalla consapevolezza della violenza, crudeltà, avidità o dall’invidia verso l’oggetto amato sia nel mondo esterno che in quello interiore. [7]
E di fronte a tutto ciò i genitori? Ne ha parlato la dottoressa Candelori; ma mi sembra importante chiudere ancora con le parole di Winnicot che partendo da un assunto che, in realtà, è anche una fantasia molto diffusa “se madri e padri allevano bene i loro bambini quando sono piccoli, ci saranno meno difficoltà!” [8] ribadisce l’importanza di accettare con maturità tutta la conflittualità di questo periodo come elemento vitale.
“SE voi fate tutto quanto potete per promuovere la crescita personale dei vostri figli, dovete essere capaci di affrontare risultati sorprendenti. Se mai i vostri figli riusciranno a trovare se stessi, non saranno contenti se non avranno trovato l’insieme di se stessi, e ciò comprenderà l’aggressività, gli elementi distruttivi che sono in loro, così come gli elementi che possono essere definiti d’amore. Vi sarà questo lungo conflitto a cui voi dovete sopravvivere. …. Voi farete errori, e questi errori si vedranno, e saranno sentiti come disastrosi, e i vostri figli cercheranno di farvi sentire colpevoli per le loro difficoltà anche quando voi non ne siete affatto responsabili. …. Le vostre ricompense vengono nella ricchezza che può a poco a poco apparire nel potenziale personale di uno o dell’altra. Le ricompense vengono indirettamente, E naturalmente voi sapete che non vi si dirà grazie.” [9]
Donatella Fiocchi
Note bibliografiche:
[1] Nicolò A.M. articolo Spiweb
[2] Keith Haring A cura di Giuseppe Pellizzari su Spiweb Adolescenza
[3] D. Winnicot Gioco e realtà pag.238
[4] Ibidem pag. 239
[5] Ibidem pa. 240,241 [6] Ibidem 242
[7] M. Harris Problemi emozionali dell’adolescenza in Quaderni di psicoterapia infantile n.1 Borla ed. Roma 1978 pagg.33, 34
[8] D. Winnicot Gioco e realtà Armando ed. Roma 1974 pag. 236
[9] Ibidem pa. 237
02/12/2020